giovedì, giugno 26, 2008

I codardi e il web 2.0


Oggi, sono arrabbiato, sconsolato e frustrato.

Non riesco, malgrado mille sfrorzi, a vedere un percorso da prendere. Una guida da seguire o un modello da emulare.

Sono più di 2 anni che seguo il mondo dei social media. Non solo la tecnologia e il quasi infinito numero di possibilità di collegarci, ma prevalentemente la filosofia che ci sta dietro. Come mai esiste? Che uso ha? E sopratutto come e perché usarla.

Sono naturalmente circondato da esperti che ne parla in tutte le salse. Twitter, Blog, Congressi, Barcamp ecc sono affollati e la parola chiave, quella che più spendono per vendersi, è web 2.0.

Ma il web 2.0 ha un significato per te? Se lavori per una società (quindi non sei un consulente) hai una vaga idea di come potrebbe cambiare il tuo modo di fare business? Lo vedi come un bene o una palla da affrontare con calma? E, forse più importante, è sapere se lo consideri un gioco per ragazzini oppure un'opportunità che non si era mai vista prima d'ora?

Prendiamo un'esempio. Publicis. Nota multinazionale francese che si occupa di pubblicità e comunicazioni.

Una settimana fa, hanno scritto un bel articolo sul loro blog smontando un lavoro che io e i miei colleghi avevamo fatto per Acer. Fin qui nessun problema, siamo tutti pronti per un po' di critica vero? Ma qui l'articolo era privo di suggerimenti, solo critica. Va bene...

Noto che il blog di quest'azienda si chiama "ignite conversations" (lett: accendere il dialogo) che è un bella espression web 2.0. Sono sicuro che i loro clienti lo bevono con l'appropriato gusto.

Parliamone... Attaccando il lavoro di un concorrente, sopratutto usando il blog per farlo, non ti lascia a dir poco scoperto ed esposti ad una bella risposta da parte del'imputato? E siccome stai vendendo "dialoghi" attraverso questo strumento, non credi che sarebbe meglio se un dialogo vero e proprio fosse incoraggiato, sopratutto in casa tua dove, fin ad un certo punto, hai più risorse per gestirlo?

Apparentemente no.

Guardate questo screenshot:


Nota la data (18 giugno). Come puoi pensare di "accendere il dialogo" se - a causa delle maledetta procedura di "moderation" o peggio, la scelta di non affrontare l'argomento - non pubblichi una risposta perché daneggerebbe l'immagine cristallina che stai cercando di costruire intorno a te?

Io ho aspettato una settimana per avere un dialogo con quest'agenzia che, appunto, vende proprio quello. Se andate a vedere il loro sito, il mio commento non c'è e a questo punto non credo che lo pubblicheranno.

Ma la facciamo finire con queste falsità? Se vuoi vedere web 2.0, farci tutti quanti il favore di leggere Cluetrain *prima* di ingannare il pubblico che più ti interessa.

Credetemi, il nostro "mercato" ha solo da guadagnare.

UPDATE: Questi link non funzionano più perché, ahimé, Publicis ha pensato di togliere il blog. Peccato...

lunedì, maggio 19, 2008

Dove sono i blog aziendali italiani?


Oggi ho passato un paio di ore cercando blog aziendali italiani.

Diciamo che è diventato una specie di ossessione dopo la domanda che avevo lanciato tempo fa su
Twitter che a sua volta ha suscitato risposte da Mariela De Marchi e Nicola Zago.

L'unico sito davvero interessante che ho trovato come fonte è
Aziende con le orecchie che segue proprio quello che mi interessa e che oggi ha pubblicato un articolo sull'iniziativa di Giorgio Armani l’advertising contest dei profumi Emporio Armani.

Ma la mia domanda resta: dove sono i blog aziendali italiani?
Facendo un bel giro in google, per capire lo stato attuale del Web 2.0 in italia, scopro degli articoli interessanti:

Scoppia la febbre dei Social Media. Ma le aziende sono pronte?

L’articolo prosegue con alcuni esempi riguardanti la reazione delle aziende italiane e uno sguardo sull’immediato futuro della comunicazione d’impresa con le testimonianze degli esperti. Siti e blog e personaggi che hanno ispirato l’ ...

Social media e nuovi modelli di business
SMAU 2007: il nuovo web cresce ma le aziende italiane faticano ancora a crederci, per poca alfabetizzazione.

I consumatori Italiani si fidano dei consigli del web
“E’ ormai evidente che le aziende italiane non possono più continuare a considerare la rete uno spazio da occupare con i propri banner, ma un luogo da vivere, prima ascoltando le opinioni dei propri clienti e poi iniziando a conversare ...

e l'articolo forse più... "vero" anche se pubblicato 8 mesi fa di Andrea Beggi:


SMAU 2007: aziende e social media

Bordin ha stigmatizzato la poca consapevolezza delle aziende italiane nei confronti della possibilità offerte dalla rete. Nielsen controlla circa 80 siti definiti 2.0, i quali hanno una penetrazione del 60% tra i 22 milioni di utenti, ...

Andrea chiude dicendo che "il blogging aziendale è difficile, e la via è piena di ostacoli. Ma comunque la vedo una strada percorribile."

Tuttavia ovunque cerchi, il social media non decolla tra le aziende italiane e non riesco a spiegarmelo sennò per mancanza di interesse. O forse dovrei dar ascolto alla parte più cinica della mia anima che mi dice costantamente che anzi, ce ne sono fin troppi.


giovedì, maggio 08, 2008

Tutto come prima


Che cosa c'è che non va in questo foto?


Oggi mi pare tutto come prima.

Non intendo iniziare con un lieto fine. Anzi.

Ad un certo punto, un paio di ore fa, spunta dal mio Google News Reader un’articolo apparentemente interressante.

Il premio Grinzane “Scrivere Web”.

Già il fatto che è apparso in automatico nel reader RSS gli fa guadagnare punti.

Ma poi, la realtà arriva.

La prima cosa che colpisce - come quasi sempre - è la mia totale ignoranza sulla denominazione del premio. Per un motivo o l’altro, il nome dell’istituzione e/o personaggio di qualche gara mi sfugge sempre.

Faccio parte di una generazione con altre priorità. Potrei nominare le case discografiche più oscure della musica elettronica, raccontarvi dei valori nazionali intrinseci di James Bond e parlare per ore e ore dell’importanza del social media e del triste stato attuale della conoscenza di SM nelle aziende italiane, ma i nomi delle istituzioni per me vengono e vanno come i nomi dei vini più buoni che, inevitabilmente, non ricordo mai.

La seconda cosa che colpisce dell’articolo però, è che promuove i giovani. Per di più promuove la loro attività in rete, premiando “quattro ragazzi protagonisti della comunicazione nell'era di Internet e dei blog”.

Ci siamo. Leggo ancora con più interesse.

Per la sezione webmania i ragazzi dovevano presentare un breve elaborato concepito per la pubblicazione online; per la sezione blogmania (novità di questa quarta edizione di "Scrivere Web") i partecipanti sono stati invitati a presentare un loro blog, innovativa forma di comunicazione che si avvale di tutto ciò che la rete offre: parole, immagini, suoni, video, chat.

Finalmente un giornale che non ha paura di fare un servizio su un mezzo che un giorno lo farà chiudere. Questa sì che progresso.

Sono stati 1504 gli elaborati pervenuti da tutta Italia. Tra questi, i 20 racconti e i 10 blog selezionati come finalisti sono stati pubblicati sui siti www.grinzane.it e www.repubblica.it (no link - Michael) e valutati da due giurie, una di critici e una di utenti web.

Caspita! Sono veramente fuori passo perché sono veramente tanti (e io non sapevo nulla). Lo standard dei vincitori doveva essere veramente alto.

Andiamo a vederli…

Guarda attentamente perché e qui che il 1.0 incontra il 2.0 e dimostra che non è ancora pronto a concedere nulla.

Non ci sono link.

Ma aspetta un’attimo. Si tratta di una gara per la comunicazione online e non ci sono link a quello che hanno fatto? Deve esserci qualche errore. Andiamo sul sito di Grinzane.

Niente da fare! I nome dei vincitori ci sono e come, ci sono ben quattro foto della premiazione, ma quello che hanno fatto rimarrà per sempre un segreto che la stampa non svelerà mai.

Molte ore più tardi scopro se faccio una ricerca sul sito con SOLO il cognome del vincitore viene fuori un suo articolo con un link al blog che ha fatto.

Ma che fatica!

La prima di tante domande che mi faccio è: perché mettere in piede un concorso del genere e non pubblicare i risultati? E’ puro marketing 1.0 di un’organizzazione che non ha capito come adattarsi al mondo online?

Poi per quanto riguarda l’articolo tanto pro-tecnologico che mi è arrivato con il mio permesso tramite RSS, non mi sembra che così che il giornalismo si faccia grande passi in avanti. Anzi, diventa palesemente troppo protettivo di un sistema sempre più lontano dalla realtà. Voglio fatti da quello che leggo, fino in fondo. Un blogger è tenuto a rivelare i suoi fonti con link. Perché un giornalista no?

Perché fare un premio sulla creatività di espressione online quando la vera comunicazione tra i giovani esiste già dal momento che scoprono Messenger, per non parlare di MySpace, Facebook a quanti altri social networks?

Poi, perché in italia il progresso (giovani online?) viene trattato come hobby per la minoranza? Perché faccio tanta fatica trovare aziende italiane che abbiano abbracciato social media e cercano un vero, profondo dialogo con i propri clienti? L'unico sito serio che ho trovato è questo.

E perché quando guardo video dei “guru” della comunicazione online, o peggio, parlo con i proprietari di agenzie nello stesso campo sento ancora il linguaggio del 20° secolo, privo di emozione e sincerità e piena zeppo di espressioni da fogli Excel?

Ma abbiamo capito o no quello che succede?

Mi pare di no, tutto come prima. Business as usual.

Dai, su, possiamo fare molto meglio di così. Possiamo smettere di insultare il nostro intelletto e quello dei nostri clienti.

Possiamo smettere di interromperli e cominciare a costruire con loro?

Sicuramente si, ma oggi mi pare ancora una battaglia persa.

mercoledì, marzo 05, 2008

Pronto? Mi sentite??


Non saprei come iniziare questo articolo.

Forse è meglio venire al dunque.

Dopo mesi e mesi che cercavo di convincere i miei capi a svegliarsi alla realtà del "new marketing", sono arrivato alla conclusione che, anche nel mio campo, c'è gente che non vuole vedere quello che succede.

Fatto sta che l'approcio al nuovo marketing - che incontro giorno dopo giorno e non solo in una agenzia ma in tante - gravita attorno a concetti semplici tipo:

- Non esistono ancora clienti - parliamo ancora al mercato
- Questo mercato si è frazionato (sempre messaggi di massa per un mercato di massa???)
- Bisogna raggiungere i più affluenti ma questi NON vanno sui blog
- Mettere su un video su YouTube significa di aver capito il web
- Le attività online vengono supportate dai comunicati stampa
- Un video su YouTube è automaticamente virale
- Web 2.0 è un gadget

Sono così stanco di vedere l'onda anomola in arrivo che sto pensando seriamente di iniziare una agenzia italiana specializzata nella creazione di un dialogo onesto e trasparente tra una società e i suoi clienti.

Anzi, come la devo chiamare?

giovedì, febbraio 28, 2008

Chiamatemi!

lunedì, ottobre 29, 2007

Come cambia il tempo.

Questo è un post d'obbligo.

Da un paio di mesi non riesco più a dedicare il tempo che un blog serio merita. Sarà colpa del nuovo figlio, dal fatto che lavoro sempre di più sullo sviluppo di altri blog... qualsiasi scusa va bene.

Ma non finisce qui. Anzi.

Da un po' di tempo, sto lavorando anche sulla creazione di 2 progetti online del tutto personali. Uno, con mia moglie, sarà pronto fra un paio di settimane. Il nuovo sito di Genitori In Fuga è quasi pronto e la cosa più interessante è che l'abbiamo aperto ad altri genitori in tutto il mondo, con un sistema che divide al 50% tutte le entrate pubblicitarie. Perciò, ci saranno anche le versioni, inglese, francese, spagnolo tanto per comminciare...

L'altro progetto è qualcosa che io devo fare.
Da più di 10 anni volevo fare un corso di lingua a distanza. Il web, e sopratutto il web 2.0 è il mezzo perfetto per realizzarlo. E quindi qualsiasi momento libero, lo sto dedicando a farsi che Language Is Free diventi una realtà.

Quindi non sparisco per pigrizia. Ma per dovere. Spero di scrivere ancora.

sabato, luglio 14, 2007

Non smettere mai di essere te stesso

Tempo fa avevo scoperto la differenza tra “essere” e “fare”. Oggi mi e' stata ricordata la lezione.

Non molto tempo fa avevo notato che tanti blog sono frutto del “saper fare” dei loro autori. Nel senso che erano un'estenzione di quello che la persona gia' faceva professionalmente.

Ad esempio ci sono non so quanti “web marketers” che hanno semplicemente preso il format in ostaggio, trasformandolo in una specie di vetrina per vendere il sogno di fare tanti soldi ad altri che vorrebbero fare la stessa cosa. Come una moderna schema di Ponzi virtuale, stanno diventando sempre piu’ insidiosi e sempre piu’ diffusi. Ma oltre ad una speranza semi-finta di diventare ricchi che cosa danno veramente?

E poi c'e' quella grossa fetta di blog che non fanno altro che raccontare quello che dicono o fanno gli altri blog in una specie di gossip virtuale senza fine. In principio sono uguali a quelli di sopra ma raccontano gli spostamenti degli autori come se fossero degli esploratori. Ovviamente sono il primo di riconoscere che un dialogo virtuale e’ costruito sulla partecipazione a distanza di altri ma allora perche’ il 99% delle volte non mi sembra altro che un modo di cenare allo stesso tavolo dei grandi, ma senza portare in avanti il dialogo?

L'unico eccezione a quelli sopra (il 1% appunto) e' dato dai i giornalisti, che raccontano gli spostamenti del mondo virtuale in modo che i lettori possano trarre beneficio della notizia.

Ho notato che, pur essendo milioni di voci, pochi blog percorrono la propria strada, scoprendo nuove idee o pensieri attraverso l'unica personalita' che conta veramente – quella di chi scrive.

E' qui, tempo fa ho citato Hugh McLeod e il suo blog Gaping Void. Il suo e' uno dei pochi blog che in qualche modo trasmettono una personalita' genuina - quello dell'autore.

Seth Godin, che tra l'altro ha collaborato insieme a Hugh per il suo ultimo libro, The Dip, e' un'altro. La personalita' di Seth e' piuttosto forte e nonostante lui abbia la tendenza di commentare sull'attualita', non lo fa mettendo insieme i pensieri degli altri, ma il suo. Come i piu' grandi dei giornalisti, il suo blog traccia il proprio percorso.

Nel mio piccolo mondo online ho preso tante strade ma ovunque vada, non riesco ad andare lontano da quella strada della mia personalita’, cosa che vuole e deve venir fuori in tutto quello che faccio.

Ed e’ qui che entra la mia lezione di oggi.

  • Se in quello che fai la tua personalita’ non c’e, muore il suo valore.
  • Se in quello che fai la tua personalita’ viene in qualche modo ripressa, contenuta o peggio controllata, muore il suo valore.
  • Se in quello che fai non hai la possibilita’ di esprimere la tua personalita’, muore il suo valore.
  • Se vuoi mantenere il tuo valore, devi rimanere quello che sei.